La storia dei territori è fatta per buona parte dai movimenti delle persone.
Abitare, rimanere, lasciare, partire, cambiare, spostarsi, ci sono molte parole per
descrivere le condizioni e gli effetti delle relazioni con i luoghi, ognuna con un
significato o almeno un’accezione particolare. In certo modo le residenze
artistiche stimolano fino a un grado di intensità estrema la riflessione su questi
rapporti, nel tentativo di mostrare in tutta la sua reale complessità sociale e
culturale l’essere di una comunità nel suo contesto. Il che può contribuire a
costruire delle visioni alternative del presente e a ipotizzare degli scenari futuri.
Castello di Cireglio ha vissuto e vive il processo di innumerevoli altri piccoli
centri in ogni regione d’Italia, che è la progressiva diminuzione dei residenti e
delle attività quotidiane – effetti comunque qui contenuti dalla vitalità delle
associazioni locali. Ciò che ha contato come avvio per l’opera di Bianco-Valente è
stata la considerazione, insieme più ampia e sostanziale, che le necessità della
vita portano ognuno a sperimentare vicende uniche e spesso imprevedibili,
rispetto al proprio luogo di origine. A volte si resta, altre volte si va. Tutti
affrontano una scelta, con più o meno condizionamenti, con più o meno
autonomia.

Così gli artisti hanno chiesto agli abitanti, e a chi ha una relazione con
il paese pur senza risiedere, di riunirsi uno stesso giorno. Insieme le persone
hanno fatto un’azione densa di significato; tendere in avanti la propria mano
verso il centro del gruppo, aggrappandosi a propria volta alla mano, al polso o al
braccio di un altro, mantenendosi nella tensione creata tra le due forze, quella
della presa e quella di gravità (come un doppio movimento, tra partenza e
ritorno). Si è formato così un legame collettivo, letteralmente tangibile. La
lontananza attenua le relazioni, l’intensità della loro bellezza e della loro
difficoltà, ma la prossimità, anche solo per pochi momenti, ne prova in modo vero
e indubitabile la consistenza. La fotografia è una testimonianza dell’azione
performativa che vale come ritratto della comunità di Castello di Cireglio a un
certo momento – le mani, una parte per il tutto, sono le persone, le età, le
attitudini, le storie. Il presente di questa immagine si apre da subito ai mutamenti
che inevitabilmente avverranno. Il giorno in cui è dunque un racconto aperto, nel
senso che riguarda l’esserci ora e la forza del divenire. La fotografia stampata in
grandi dimensioni e collocata sul muro di una casa centrale del paese è insieme
una presenza e un ricordo. Ponendo in rapporto i tempi, essa mostra il maggiore
movimento, tra quelli che possiamo pensare e sperimentare: la vita nel suo
accadere.
