Conterranei 2026 – Francesco Carone “Voyeurs”

Ogni artista ha un modo individuale di confrontarsi con i luoghi, ed è proprio in virtù della varietà che un progetto di residenza diventa, nel corso del tempo, una rappresentazione comprensiva di un territorio. In modo speculare, ogni volta, il processo di ospitalità per un’opera d’arte, da parte di un contesto e delle persone che lo abitano, segue dei corsi diversi; nella realtà effettiva esso può richiedere molto tempo, avvenire tramite pause e riprese. Voyeurs, per la sua genesi e l’esito, è una testimonianza vivida del “farsi” di una residenza per artisti.    Francesco Carone nella propria ricerca pone in rapporto riferimenti intimi e rimandi alla storia dell’arte, alla letteratura, alla mitologia, attraverso quello che definisce un “esercizio psicoanalitico involontario”. Si tratta di lasciare affiorare delle immagini, senza la pretesa di sapere precisamente la traiettoria che ha portato alla loro emersione. Il che non significa che manchino dei motivi forti, tutt’altro, è piuttosto la coscienza di un accordo possibile, ma non determinabile a priori, tra un immaginario e la realtà: le opere d’arte significano in modo imprevedibile, e per certi aspetti misterioso, attraverso i loro segni. Voyeurs consiste di una serie di noccioli di pesca in bagno galvanico, su fusione in bronzo, sparsi in diverse zone di Castello di Cireglio. I noccioli sono un elemento simbolico che ritorna nelle opere dell’artista, in sostituzione o in funzione degli occhi: “Sono occhi ciechi, chiusi, sognanti, che guardano verso l’interno e conservano (ricordano?) il vero valore: il seme che germoglierà se opportunamente accudito. Quindi lo sguardo e la visione intesi come germoglio iniziale di ogni processo creativo.”

L’evocazione dell’atto generativo è inoltre rafforzata dalla somiglianza tra il profilo del nocciolo di pesca e l’organo genitale femminile. Le prime due sculture si incontrano nella pavimentazione al principio del paese; la loro posizione a terra corrisponde a dove “cade” lo sguardo del ritratto di Policarpo Petrocchi. In modo inusuale, il busto invece di essere girato alla sua destra, in direzione del paesaggio e dell’orizzonte, è voltato verso il basso. La posa contemplativa ha incuriosito l’artista, che ha scelto di intercettarne lo sguardo: così l’atto di ribaltamento – guardarsi dentro, in profondità, come inizio possibile di una visione nuova e non ordinaria – avviene dapprima tramite la relazione con il conterraneo emerito, per poi riverberarsi dentro il paese. Su alcuni muri delle vie sono stati inseriti altri noccioli; come una scoperta, che dipende dalla nostra attenzione. Come, del resto, di ognuno di noi è la scelta di aprirsi o meno a un’opera d’arte, di provare a sentire le sue domande, di fare esperienza di qualcosa che, con dedizione e coscienza, ha scelto l’opportunità e il rischio di mostrarsi.      

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