Francesco Carone – Simon Roberts

Prossimo al compimento del primo anno di attività, con un bilancio pregevole per qualità delle proposte e riscontro del pubblico, Ex3 prosegue nella proposizione simultanea di due artisti distinti, in questo caso, peraltro, quasi coetanei.
Francesco Carone (Siena, 1975) presenta, nella grande sala centrale, l’installazione site specific Horror vacui. Elaborando del titolo l’accezione connessa alla critica d’arte, quella tendenza radicata in epoche diverse a colmare ogni porzione libera di tela o di spazio ambientale, e l’accezione propria alla psicologia, cioè il disagio scaturito dal vuoto, l’artista cerca di giungere a un’espressione confidenziale della sensazione indagata.
Il punto di riferimento, ideale e concreto insieme, è il celebre dipinto La zattera della Medusa di Théodore Géricault, datato 1818; Carone costruisce una tela di dimensioni identiche all’icona del francese, fornendole come sostegno una struttura tubolare d’acciaio i cui gradini, assi di legno vecchio, sono percorribili dai visitatori. Dietro il grande apparato, avvolta sul pavimento, si aggiunge una spessa corda da ormeggio recuperata in una grotta dell’isola d’Elba e poi ripulita da alghe e sabbia.
Simon Roberts - We English, Mad Maldon Mud Race, River Blackwater, Maldon, Essex - 2007 - courtesy l’artista
L’opera innesca un meccanismo ordinato e funzionale, in grado di comunicare la partecipazione emotiva dell’autore: la grande tela immacolata come possibilità e timore d’esprimersi, il punto di vista contemplativo dal basso e quello dominante dall’alto, la cima abbandonata e ridisposta come un cervello che si fa evocazione di una partenza aldilà del tempo. Eppure, ciò che è valido non basta a eliminare il senso di ripetizione: Horror vacui, pur essendo lavoro maturo e potente, rientra in una tipologia artistica concettuale già approfondita, e non vi aggiunge niente di incisivo. Un’occasione espositiva così centrale avrebbe meritato una maggiore specificità.
Motherland/Homeland di Simon Roberts (Londra, 1974; vive a Brighton) è un reportage fotografico realizzato in località provinciali poco note dell’Inghilterra e, soprattutto, nell’enorme distesa della Russia; una cartina segnalatrice degli spostamenti da un confine all’altro ricorda quanto vasta e varia sia la terra sovietica: commistione d’influenze dall’Europa, dall’Asia e dall’Arabia.
D’acchito piuttosto convenzionali, gli scatti rivelano in seguito una sapienza singolare nella costruzione dell’inquadratura e delle situazioni che vi si collegano. Vari piani di ripresa in relazione, dal campo lungo al dettaglio, con soggetto la geografia e gli uomini, innescano paradossali storie “mute”: i personaggi restano estranei alla macchina fotografica, mentre i paesaggi si svelano in un istante d’imprevisto stupore, come se il passaggio dallo stato originale agli insediamenti odierni fosse avvenuto per caso o, meglio, derivasse da una volontà sconosciuta.
Simon Roberts - Motherland, Meat market, Pyatigorsk, Nothern Caucasus - 2005 - courtesy l’artista
Alcuni dei ritratti risultano emblematici di tale impostazione; dietro il soggetto in primo piano s’intravedono oggetti e movimenti autonomi, quasi che la Storia si compiesse, sempre, in modo disordinato dietro le nostre spalle.

Matteo Innocenti

Francesco Carone – Horror vacui
a cura di Lorenzo Giusti e Arabella Natalini
Simon Roberts – Motherland/Homeland
a cura di Daria Filardo
Ex3 – Centro per l’Arte Contemporanea

 

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