Arlen Austin – Furnishings for an Unavowable Community

Gli arredi per una comunità sconosciuta – Furnishings for an Unavowable Community – sono il mobilio della possibilità. Oggetti del reale sottoposti alla discrezione del sogno, o del gioco, si lasciano svuotare del loro senso per poter racchiudere qualcosa di diverso; magari disegni fosforescenti e concrezioni dorate simili a pepite. Del resto, il contenuto – scoperto all’aprire di cassetti, allo scorrere di pannelli – non rappresenta che un pretesto; ogni immaginazione vale sempre quanto un’altra.
Così il percorso d’invenzioni firmato Arlen Austin (Maine, 1981; vive a New York), inedita proposta di Ugolini Contemporary, pur non possedendo ancora la maturità del discorso omogeneo è lo stesso portatore di un’interessante intuizione: che ogni individualità, a discapito del senso “comune”, può essere autrice di scenari infiniti. Come una negazione del principio antropico forte, un arredamento verosimile ma non funzionale suggerisce che in ogni istante potremmo vivere una realtà parallela ma diversa se le nostre azioni variassero appena.
E la conseguente contraddizione delle illimitate perdite – di una vita sola tra le altre – sarebbe risolta proprio dall’artista: è l’arte nel suo darsi in ogni pensabile modalità e forma l’unica rivincita sull’univocità di tempo, spazio e logica, la rivelazione continua che il nostro mondo è soltanto una particolare interpretazione. È dunque simile a una teoria dell’anormalità quella a fondamento delle visioni di Austin, al punto che il resto dell’esposizione appare come origine e seguito di essa.
Arlen Austin - The Ego Stript by the Trauma of Persecution - 2008 - cm 9xX132,5 - courtesy Daniele Ugolini Contemporary, Firenze
Il prima è un video dal titolo Long Forced March, riflessione sul rapporto dell’uomo contemporaneo con la sua “significazione”, termine utilizzato e ripetuto dallo stesso autore. La marcia dell’uomo, a passi di vertiginose conquiste e scoperte, invece di renderci più liberi ci sta mutando in esseri basso-istintuali. È un andare avanti per tornare indietro l’attuale dipendenza dai modelli mediatici; si tratti di guerra, pornografia, talk-show o wrestling, non fa differenza: come in passato, siamo emuli provetti di assurdità legittimate, ma con la smania nuovissima dell’essere visti, votati, se possibile celebrati. Si comprende allora che la giusta significazione viene a coincidere con l’affermazione potente della propria personalità e, per tornare ai termini della questione, con la forza creativa d’immaginare/proporre oggetti, società, dimensioni sconosciute.
Il dopo sono invece variazioni sul tema, ovvero poster in cornici mobili, incisioni in stile fantasy, frasi brevi ma dense di richiami, tutti segni di una ricerca ancora in atto. L’ultimo riferimento spetta all’altro video, Bird Feed Face, riflessione circa il rapporto di simbiosi tra uomo e animale. Austin in prima persona, con sguardo estatico verso lontananze boschive, lascia che un volatile si cibi sul suo volto.
Arlen Austin - Mobile Wall. Cabinet of the Ethnical Demand - 2008 - courtesy Daniele Ugolini Contemporary, Firenze
A dispetto delle apparenze, neppure tale azione è estranea al resto; l’idea sottesa di necessità e sopravvivenza, di contro alla distorsione dell’esistenza contemporanea, potrebbe divenire componente fondamentale dei prossimi lavori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *