Accesso Obliquo – Walkabout #02 | A Place to Be – LATO

Da un pensiero di Ermanno Cristini, Matteo Innocenti, Luca Scarabelli

Aurelio Andrighetto, Simona Barbera, Tiziano Campi, Umberto Cavenago, Ermanno Cristini, Hannes Egger, Ronny Faber Dahl, Pierluigi Fresia, Armida Gandini, Giancarlo Norese, Luca Scarabelli, Olivia Vighi

Accesso Obliquo nasce dall’incontro di due progetti, Walkabout e A Place to Be con un luogo, LATO, a Prato. Il collante è lo spazio, non quale contenitore ma in termini di identità; un tema questo che costituisce l’elemento portante del progetto A Place to Be e che in questa seconda tappa di Walkabout viene affrontato rincorrendo un’aporia, quella dell’esitare.
Date le caratteristiche fisiche dello spazio di LATO, qualificato dai volumi netti e dai tagli decisi dell’architettura, l’esitare appare come una sorta di contrappunto potenzialmente eleggibile a chiave di lettura del luogo. Una dimensione sospesa, fatta di discrezione, che corrisponde ad un guardare trattenuto in cui trovare la “verità” dello spazio.
Gli artisti partecipanti sono invitati a gesti minimi, per camminare in equilibrio nell’ambiguità di una “soglia in cui ci si trattiene”, fuoco di uno spazio della possibilità fatto di azione e resistenza.
Un “non esercizio” che non può non far pensare per esempio, trattandosi di spazio, a una soglia ormai eletta a metafora epistemologica, la porta di Rue Larrey. Qui il riferimento “dentro/fuori” è inversamente incrociato in una condizione di metastabilità, tale per cui ognuna delle due azioni –aprire/chiudere-, contestuali e simultanee, costituiscono reciprocamente l’affermazione e la resistenza all’altra.
“Eventi incompossibili” li definisce Vogl, o punti opachi del pensiero. Ritardi che si aprono al dubbio e entro il dubbio cercano la forma di un possibile “spiazzamento” significante.


Walkabout
Concept di Ermanno Cristini e Luca Scarabelli
https://walkabout-­art.jimdo.com/
Oggi il destino dell’opera d’arte è caratterizzato da un inevitabile “rotolamento” attraverso i media e i formati, dando luogo ad un processo di continua codifica e transcodifica, o meglio di traduzione. La traduzione, implicando il passaggio da un linguaggio all’altro, si misura sempre con l’intraducibile, ovvero si esercita nella forma di un passaggio di “frontiera”, un luogo in cui si fanno fronte due diversità. Per questo ogni traduzione è un’interpretazione, e lo è nel momento in cui fallisce come semplice atto di transcodifica e si nutre del “malinteso” che necessariamente si genera nel confronto tra le diversità.
La traduzione che ha consapevolezza del proprio fallimento diventa testimonianza, laddove sa di misurarsi deliberatamente con l’indicibile.
Walkabout è un progetto che vuole percorrere le trasformazioni dello statuto dell’opera osservandola come fuga di testimonianze. Da questo punto di vista costituisce un’erranza, un randonnée, alla ricerca del senso. Un po’ come l’attraversamento del Bush, nel Walkabout degli aborigeni australiani, è il tentativo di ritrovare, con la capacità rabdomante del canto, i propri antenati e il proprio essere: “Un canto fa venire fuori il paese, capo”.
Walkabout sono una serie di mostre, ognuna su argomenti specifici, che durano da un giorno a un mese e che possono trasformarsi durante il loro svolgersi. Gli artisti invitati cambiano ad ogni appuntamento; uno di questi agisce da testimone ed è nel suo racconto, orale, scritto, musicale, visivo, filmico, ecc. che la mostra continua vivendo negli ambiti pertinenti alla natura del racconto: un concerto, un recital, ecc.. Il racconto è come un canto e in quanto tale farà da filo conduttore alla mostra successiva di cui sarà elemento essenziale.
Walkabout nasce dall’esperienza di Roaming, un progetto di Ermanno Cristini curato da Alessandro Castiglioni, che si interroga sul rapporto tra produzione di un’opera, la conseguente circolazione e la questione della diffusione della propria immagine. Avviato nel 2008 e concluso nel 2014 Roaming ha coinvolto oltre 100 artisti di diverse nazionalità, ha realizzato 22 mostre in altrettante città europee di cui oltre la metà museografiche. La mostra conclusiva è stata realizzata a Maggia (CH) nella Fabbrica Rosa, l’ex Archivio di Harald Szeemann. Alessandro Castiglioni e Ermanno Cristini (a cura di), ROAMING. Sull’intermittenza dell’opera d’arte, Postmedia Book, 2013



A Place to Be
Concept di Matteo Innocenti e Luca Gambacorti
www.aplacetobe.art
A Place to Be è un progetto espositivo e di ricerca in riferimento agli spazi d’arte intesi come luogo, ovvero dimensione umana capace di raccontare storie, esprimere sensibilità, condividere visioni.
Differenti ricerche e punti di vista che si rapportano al luogo non quale contenitore ma in termini d’identità, per farne emergere i caratteri specifici. Un approccio differente d’esposizione come incontro con una storia già avviata e alla cui continuazione s’intende partecipare, per la coscienza che ogni nuovo atto, ogni nuova opera, da individuo a individuo, è un contributo alla definizione della realtà.
Nel corso del 2016 lo spazio di esordio del progetto è stato LATO (Prato) studio architettonico di Luca Gambacorti, con gli artisti Enrico Vezzi, Paolo Parisi, Fabio Cresci.
Nel 2018 viene considerato lo spazio virtuale del sito web aplacetobe.art con un progetto specifico di Francesco Ozzola. Nel 2019 sono messi in dialogo gli spazi LATO e Riss(e) di Ermanno Cristini.

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