TUM Exchange – Manuela Menici – Non voglio consumare

Il progetto prosegue con la mostra di Manuela Menici Non voglio consumare, giovedì 14 giugno presso LATO

Tra le paure radicate nel fondo del nostro essere quella dell’oscurità è  probabilmente la più carica di implicazioni. In qualche modo il discorso appare tautologico poiché il buio – riferito al mondo esterno o alla nostra coscienza – annullando ogni percezione rende impossibile la sua stessa definizione. Ma appunto poiché nella tenebra può succedere di tutto, in potenza ogni forma irrazionale prendere il sopravvento e la conoscenza farsi nulla, noi sprofondiamo nell’incertezza; è questo punto, seppur a gradi diversi, che probabilmente accomuna il timore del primitivo, del bambino e dell’uomo civilizzato. Così il valore sacrale che accompagna ogni manifestazione luminosa si spiegherebbe per la  necessità chiarificatrice che quest’ultima apporta al corpo e alla mente. La cultura umana nella sua completa estensione presenta un repertorio di declinazioni simboliche a conferma di ciò: soprattutto il sole e la fiamma come immagine di Dio e corrispondenza di uno stato interiore di crescita. La condizione unica per tale adesione, oltre il proprio sentimento, è che la contemplazione avvenga in luoghi addetti, dove la luce sia sottratta ad ogni utilità pratica e ricondotta al suo puro splendore. Ma quali sono adesso i luoghi del sacro, e quali i riti che vi si associano? Distorsione consumistica permettendo, la quale implica l’idolatria della merce, gli ambiti eletti restano la religione, perché né razionalità né laicismo hanno vittoria scontata contro millenni di fede, e l’arte.

Manuela Menici ha tra i punti essenziali della propria ricerca sia la sperimentazione con i materiali che l’interrogazione sulle tradizioni culturali. Inevitabile che a un certo momento individuasse e  desiderasse definire questo incontro di continuità-rottura tra il religere e l’ars – i cui etimi significano rispettivamente “avere cura” e “adattare” – qui rappresentati dallo spazio espositivo LATO e dall’adiacente Santuario della Madonna del Giglio.
L’elemento che riunisce le due dimensioni è la candela: mezzo che sin dalla sua origine, oltre un’importanza storica d’uso, si ritrova nei riti pagani e in quelli cristiani. I significati riferibili alla cera che sciogliendosi dona luce sono in numero spropositato, qui però interessano soprattutto l’idea d’illuminazione spirituale, la verticalità come elevazione, i profumi e il calore generati.


L’artista presenta la doppia installazione Non voglio consumare, in cui le candele compongono un paesaggio immaginario di differenti forme ed altezze. Se l’opera esiste di per sé in quanto oggetto estetico, il contesto e l’intervento degli osservatori  sono gli elementi che vi integrano il carattere sacrale. Nel caso dello spazio espositivo attraverso la partecipazione: ognuno è invitato ad accendere un cero e ad esprimere un desiderio. Nel santuario invece il contatto si fa più misterioso, ed è richiesta una disposizione all’ammirazione e al rispetto. La scelta di stabilire tale relazione tra contesti apparentemente diversi, rappresenta di per sé una conferma di fattibilità: accostare candele da commemorazione e da decorazione, di stile rigoroso e kitsch, piuttosto che un gesto profano è la convinzione di poter trovare il sacro ovunque ve ne sia bisogno e intenzione. Non è una questione da poco considerando che la Chiesa, nei secoli luogo eletto della committenza e dell’opera, ha perduto quasi completamente tale destinazione mentre i luoghi d’arte, per la rinuncia al confronto con il pubblico comune, si trasformano in spazi metafisici.
Inoltre il titolo stesso dell’installazione ha in sé una doppia implicazione. La scelta formale di lavorare nella prima fase in orizzontale per poi ottenere, quando tutta la materia sarà sciolta, una composizione casuale da ri-vedere in verticale – quasi un omaggio al dripping dell’espressionismo astratto – e il significato letterale della frase  che suggerisce la volontà di non disperdere questo istante di vicinanza a un’entità o a una spiritualità superiori.

(Matteo Innocenti)

 

Artisti  |
Virginia Zanetti
Manuela Menici
Vanni Meozzi
Kinkaleri
Sedi 
 |
S.A.A.M., Via Borgo 4, Carmignano, Prato
LATO, Piazza San Marco 13, Prato
spazioK, Via Santa Chiara 38/2, Prato
Data  |
 da sabato 2 giugno a martedì 31 luglio 2012
Ideazione |
  TUM PROJECT
A cura di  |
  Matteo Innocenti
Organizzazione 
| Argentina Giusti

TUM Exchange è un progetto espositivo fondato sullo scambio e sull’ospitalità: gli artisti non solo hanno collaborato insieme alla preparazione dell’evento, ma ne hanno resa possibile la realizzazione mettendo a disposizione, l’uno dell’altro, un proprio spazio di riferimento.
Il risultato sono 2 mostre “doppie”, secondo questo schema:

Virginia Zanetti / Manuela Menici
Vanni Meozzi / Kinkaleri
negli spazi S.A.A.M., Lato e spazioK

TUM Exchange è una sperimentazione sulle possibilità concrete della condivisione.
Internet, area eletta di incontri reali e virtuali, è la prova che alcuni movimenti di sottofondo possono emergere alla superficie come ipotesi alternative di comportamento – dall’open source alle Creative Commons, da Servas al CouchSurfing. TUM Exchange s’inserisce proprio in questa tendenza, in riferimento alla spontaneità che l’arte dimostra nei periodi migliori come espressione della sua intima essenza.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *