Territori instabili

Centro di Cultura Contemporanea Strozzina, Firenze – fino al 19 gennaio 2014. Il disorientamento a riguardo di molte dinamiche in atto riguarda di certo anche la globalizzazione, poiché il flusso attuale di interrelazioni, piuttosto che eliminare, ha solo modificato le divisioni esistenti. “Territori instabili” affronta la questione da vari punti di vista.

Richard Mosse, The Enclave, 2013 – installazione video a 6 canali alla Biennale di Venezia 2013, Pavilion of Ireland – Courtesy the artist and Jack Shainman Gallery, New York
Richard Mosse, The Enclave, 2013 – installazione video a 6 canali alla Biennale di Venezia 2013, Pavilion of Ireland – Courtesy the artist and Jack Shainman Gallery, New York

La Strozzina conferma quel carattere che dagli inizi delle sue attività è venuto distinguendosi per la concentrazione sulle dinamiche sociali, economiche e culturali, vale a dire sul complesso sistema di relazioni e mutamenti della geopolitica globale.Territori instabili assume a centro un fattore d’importanza letteralmente fondamentale, considerando che proprio dalla ricerca sull’identità, soggetta di necessità a continui processi definitori, derivano nazione e confine, idee che si nutrono della contraddizione tra convenzione e trasgressione: tanto la prima ha bisogno d’individuare pericoli e nemici al di fuori, per rafforzare il sentimento e l’ideologia della coesione interna, quanto il secondo richiede che avvenga una sua violazione per venire percepito come demarcazione concreta e fattore di contenimento.
Un senso di provvisorietà e incertezza accomuna i dieci artisti della collettiva; in via generale il percorso risulta robusto e puntuale, riuscendo a evitare i rischi del didascalismo. Tra i punti più alti, The Enclave di Richard Mosse – invitato a rappresentare l’Irlanda alla recente Biennale di Venezia -, video complesso e potente che sa compenetrare documentazione e rappresentazione dello scenario bellico congolese (ne è divenuto simbolo la colorimetria accesa e surreale della pellicola super 16mm a infrarossi, utilizzata nel recente passato per scopi militari) e la serie fotografica As Terras do Fim do Mundo  di Jo Ractliffe sulla cosiddetta Border War in Angola, testimonianza desolante che giunge a noi quando tutto è già avvenuto e anche gli effetti si sono ridotti a una visibilità lieve.

Sigalit Landau, Barbed Hula, 2000 – still da video – courtesy the artist and Galerie Anita Beckers, Frankfurt
Sigalit Landau, Barbed Hula, 2000 – still da video – courtesy the artist and Galerie Anita Beckers, Frankfurt

Risaltano per un certo grado di originalità e per il coinvolgimento fisico che hanno implicato, le due azioni filmate di Sigalit Landau, di cui una ha per soggetto un hula hoop di filo spinato in movimento sul corpo dell’artista, davanti al mare a sud di Tel Aviv, e i reportage critici e ironici insieme che Paulo Nazareth realizza durante i suoi viaggi pedestri, per esempio dal Brasile agli Stati Uniti.
Qualche perplessità invece si genera per la prossimità formale a scelte trascorse. Ad esempio l’installazione interna Apnea di Tadashi Kawamata suggerisce corrispondenze con quella presentata da Chiharu Shiota per la mostra ispirata a Francis Bacon, oppure Loophole for All di Paolo Cirio con TheyRule.net di Josh On in occasione di Arte, Prezzo e Valore.  Si rivela in ciò la forza e il rischio della Strozzina: da una parte la capacità di selezione degli artisti e di costruzione di un discorso stimolante, a cui non è estranea un’attitudine divulgativa; dall’altra l’eventualità che le tematiche e le modalità propositive arrivino a generare ripetizione.

Matteo Innocenti
(Artribune)

 

Firenze// fino al 19 gennaio 2014
Territori instabili. Confini e identità nell’arte contemporanea.
a cura di Walter Guadagnini e Franziska Nori 
CCCS
Piazza Strozzi
055 3917137
news@strozzina.org
www.strozzina.org

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